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Esercizi di improvvisazione



L’idea di lavorare sugli Exercises d’improvisation (1977) di Luc Ferrari, per strumenti e nastro, covava da tempo. E’ maturata nell’ambito dell’attività di improvvisatore che svolgo parallelamente a quella di interprete grazie soprattutto alla militanza nell’Ensemble Dissonanzen di Napoli. Infatti, come membro di questo gruppo ho avuto la possibilità, e aggiungerei la fortuna, di lavorare con grandi improvvisatori-compositori (Alvin Curran, Michel Godard, Marc Ribot, Stefano Scodanibbio, Markus Stockhausen, per citare solo alcuni nomi) grazie ai quali io e i miei colleghi abbiamo sviluppato una coscienza creativa che ci ha portato alla realizzazione di importanti progetti. Determinante in questo senso il contributo di Claudio Lugo, che nella fase iniziale ha indicato le coordinate di questo cammino, soprattutto nella realizzazione di partiture grafiche e aleatorie. A un certo punto però ho sentito l’esigenza di misurarmi con questa pratica in maniera autonoma, pur essendo troppo presto per impegnarmi in un solo di pianoforte. Già da tempo avevo ricevuto il CD con le basi ed il foglio con le istruzioni per gli Exercises, di tanto in tanto ascoltavo e leggevo con interesse crescente. Ciò che ha attirato la mia attenzione e spinto a lavorare ad una mia realizzazione, è la grande libertà creativa concessa ai “réalisateurs” pur all’interno di confini ben definiti. Innanzitutto riguardo all’organico: gli esercizi possono essere realizzati da qualsiasi numero di strumentisti fino ad un massimo di 8 più il “nastro magnetico” (che oggi potremmo chiamare elettronica preregistrata) essendo quindi compresa la possibilità del duo strumento solo e nastro. Ma ancora più interessante è il fatto che il nastro deve essere considerato come un elemento locale del gruppo, allo stesso livello acustico degli altri, e non come un ambiente sonoro, alludendo così ad una chiara dimensione cameristica. Anche la scelta dei brani è libera. Dei sette esercizi è possibile eseguirne uno solo, tutta le sequenza ma anche una selezione, o addirittura un montaggio/missaggio, organizzando così un pezzo di una certa durata con un determinato percorso architettonico. Insomma, entra in gioco un discorso di tipo compositivo, vale a dire di organizzazione predeterminata del materiale. D’altra parte è lo stesso Ferrari a non escludere questo aspetto, anzi ad integrarlo: i brani possono essere degli esercizi di improvvisazione o di composizione, più o meno scritta, con implicite possibilità didattiche. Non a caso la loro destinazione comprende diverse opzioni, dagli studenti ai musicisti amatoriali ai professionisti, dall’esercizio privato alla realizzazione da concerto. I generi, stili o linguaggi con cui affrontare gli Exercises possono essere i più diversi, dal classico contemporaneo al jazz o addirittura al folk. L’importante è evitare i luoghi comuni, i vincoli e le convenzioni culturali. Ma, nelle parole di Ferrari, è necessario sottolineare il fatto che la proposta di base di ciascun esercizio è di tipo tonale (o tonal-modale, aggiungerei) e può essere presa come punto di partenza e di ritorno dell’elaborazione improvvisativa. Tonalità, modo, tempo costituiscono delle ipotesi di lavoro con le quali bisogna aver a che fare “sans pour autant se sentir prisonnier”. Al di là di ciò – i confini di cui parlavo sopra – “la plus grande liberté est laissée aux réalisateurs d’inventer la musique de leur désir” . Venendo alla mia realizzazione, negli esercizi caratterizzati da fasce sonore mi sono attenuto alla base armonica di ciascuno, cercando di espanderla senza forzarla. Così nel N.1 l’armonia di base viene arricchita e fatta riverberare con l’uso di ribattuti e tremoli, mentre nel N.3 si sovrappone una fascia strumentale basata su una poliritmia di 3 contro 2. Nel N.2 un agglomerato di sapore spettralista viene elaborato a partire dalla serie completa degli armonici. Negli esercizi con una densità ritmica più alta, i Nn. 5, 6 e 7, ho aggiunto un elemento di competizione, se non addirittura di lotta, con il nastro, una gara che si conclude non per la vittoria di uno dei contendenti ma per sfinimento di entrambi! Per finire, nel n.4 ho provato a realizzare una sintesi dei due approcci, ed ho organizzato la sequenza generale cercando la massima varietà espressiva possibile. Diverso è l’ambito in cui si colloca A la recherche du rythme perdu (1978) per pianoforte (o pianoforte e percussione) e nastro. La parte preregistrata era già stata utilizzata per un pezzo del 1972, Musique Socialiste per clavicembalo e nastro. In quel caso il pezzo era destinato ad interpreti provenienti dalla musica classica mentre A la recherche è indirizzato a musicisti provenienti dal jazz. Nell’ampio testo che introduce il pezzo, Ferrari precisa che i musicisti classici riproducono strumentalmente la scrittura del compositore, “les musiciens classiques ont l’expérience de la forme globale, donc d’un parcours musical avec ses progressions et ses dégressions. Les musiciens de Jazz ont l’expérience du moment, du détail, du rythme et de la communication intuitive entre eux.” Ecco perché, continua Ferrari, questa partitura comprende meno note, da tenere come indicazione di percorso generale più che da suonare. Pertanto, ricerca del ritmo perduto significa ricerca di tutti quegli aspetti (intuizione musicale, senso del ritmo, immaginazione) che il rispetto della scrittura compositiva ha limitato negli interpreti. Di qui il sottotitolo “réflexion sur l’écriture n.2”, provocatorio ed ironico come lo sguardo di questo Erik Satie contemporaneo e tecnologico. E’ il dualismo irrisolto tra scrittura ed improvvisazione, dualismo che rispecchia la mia personale esperienza, che mi ha spinto ad affrontare questo brano. Musicista classico, non jazzista ma improvvisatore, ho ritenuto di essere un possibile destinatario del pezzo. Ho seguito le piccole parti musicali scritte fin quando non ho sentito l’esigenza di liberarmene e di procedere per conto mio. Inoltre, sia per creare una tavolozza timbrica diversa da quella degli Exercises, sia per venire incontro alla preferenza dell’autore per una realizzazione con l’aggiunta della percussioni, ho usato estensivamente tecniche di pianoforte preparato e all’interno della cordiera.


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