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Aleksandr Skrjabin


Aleksandr Nikolaevič Skrjabin nacque a Mosca il 6 gennaio 1872, ossia, secondo il calendario giuliano in vigore in Russia fino al 1918, il 25 dicembre 1871, giorno di Natale.

Il padre Nikolaj Skrjabin era un giovane studente in legge, che aspirava alla carriera diplomatica; la madre Ljubo Čeretinina, brillante pianista diplomatasi a soli 18 anni con medaglia d’oro e menzione d’onore presso il Conservatorio di Mosca, morì pochi mesi dopo la nascita di Aleksandr, ed il piccolo fu cresciuto da una zia e dalla nonna paterna, che lo adoravano. Cominciati i suoi studi musicali quando ancora frequentava la Scuola dei cadetti di Mosca, alla quale era acceduto per volere del padre, Skrjabin dimostrò subito un talento precoce, tanto da essere affidato a Nikolaj Zverev, considerato uno dei maggiori pedagoghi musicali dell’epoca. Dopo la sua ammissione al Conservatorio di Mosca (1888), Skrjabin fu allievo di Safonov per il pianoforte e di Taneev e Arenskij per la composizione; fattosi subito notare soprattutto come pianista, nel 1891 ottenne la medaglia d’oro nella classe di pianoforte, nonostante una grave infiammazione alla mano destra che rischiò di stroncarne sul nascere la carriera.

Le composizioni di questo primo periodo nascono sotto l’influenza di Chopin e di Liszt: tutte concepite per il pianoforte e racchiuse nelle piccole forme predilette da Chopin (preludi, studi, improvvisi e mazurke), esse sono caratterizzate da delicatezza di fraseggio e di armonia e, nella loro estrema brevità e concentrazione emotiva, si avvicinano alla poetica che la nuova generazione di poeti russi stava assimilando della traduzione di Baudelaire, Verlaine, Rimbaud e Mallarmé. La musica di Skrjabin in quel periodo bene si accorda con le ossessioni dei poeti decadenti: la suggestione del diabolico in particolare penetra in essa attraverso Liszt e vi permane come componente essenziale.

Nel 1893 Skrjabin fu notato dall’editore e mecenate Belaev, che organizzò per lui alcune tournées di concerti in Europa occidentale. L’equilibrio mentale del giovane musicista era però molto labile e forti depressioni si alternavano a momenti di grande esaltazione; soltanto dopo il suo matrimonio con Vera Ivanovna Issakovič (1897), egli sembrò dare ordine alla propria vita accettando l’incarico di professore di pianoforte al Conservatorio di Mosca, posto che occupò per cinque anni. A quel periodo risalgono le sue prime composizioni orchestrali, nelle quali si mostra influenzato più dall’arte tedesca che da quella francese; la sua orchestra prende così forma sotto l’influsso di Liszt e di Wagner: al Concerto per pianoforte e orchestra (1897) seguirono un Poema sinfonico (1896-09), Rêverie (1898), la Prima sinfonia con finale corale (1899-01) e la Seconda sinfonia (1901-02). La Terza sinfonia, il Poema divino (Božestvennaja poema), completata nel 1904 ed eseguita a Parigi nel maggio 1905 sotto la direzione di Nikisch, rappresenta un momento di transizione nello sviluppo di Skrjabin. Musicalmente è ancora convenzionale, a metà strada tra il poema sinfonico lisztiano e la sinfonia tradizionale, la cui forma è per lo più conservata. Vi sono passaggi in armonia esatonale, ma non più di quanti se ne trovino nei coevi lavori di Rimskij Korsakov. L’alternanza di armonie cromatiche e dense con passaggi di sublime diatonicità segue la pratica di Liszt. I tre movimenti (Luttes, Voluptée, Jeau Divin) vorrebbero rappresentare, nell’intenzione di Skrjabin, le tre fasi del processo di redenzione, il quale fu, come vedremo, alla base della sua nascente concezione filosofica. Quando il compositore cominciò a dare un significato mistico quasi religioso alla sua musica è difficile a dirsi; attorno al 1900 era entrato a far parte della Società filosofica di Mosca presieduta dal principe Trubeckoj, e da allora in poi idee filosofiche sempre più precise cominciarono a dominare la sua musica, dando uno stimolo straordinario al suo potere creativo. Nelle composizioni pianistiche di questo periodo si manifesta uno dei tratti caratteristici della natura artistica di Skrjabin, che non ha l’equivalente in Chopin: un bisogno di esaltazione nella ricerca di ciò che può sovreccitare e trasformare la vita in una festa, una antipatia per l’ordinario, il quotidiano e il reale. In tutte queste composizioni, dai ritmi sovrapposti, i temi frantumati, le armonie luminose o cupe e deliranti, si manifesta una volontà ardente e tesa, una esaltazione che conferisce loro il carattere di un atto rituale. La Lebenlust positiva portatrice di vita, di stampo nietzscheano, supera di gran lunga la triste e disperata nota decadente che predomina nelle precedenti miniature di Skrjabin, divenendo caratteristica di tutta la sua ulteriore produzione; è significativo il fatto che, quando nelle sue ultime composizioni egli trascese i limiti della tonalità tradizionale, sempre predilesse il modo maggiore, o almeno la sua evocazione, a quello minore. Gli anni 1904-07, trascorsi principalmente in Svizzera ed in Italia, furono caratterizzati dal graduale deterioramento dei rapporti con la moglie Vera e dalla relazione affettiva con la giovane Tatiana de Schloezer, nella quale il musicista aveva trovato una nuova musa ispiratrice. Il Poema dell’estasi (Poema ekstaza) op. 54 per orchestra e la Sonata n. 5 op. 53 per pianoforte, rappresentano il massimo traguardo artistico di questo periodo e segnano una tappa importante nello sviluppo dello stile scriabiniano: alla ricerca di una sempre maggiore concentrazione espressiva, Skrjabin elimina la suddivisione in movimenti, riducendo tutti gli elementi delle parti soppresse in modo che si compenetrino e si fondano senza soluzione di continuità. Così nella quinta sonata l’Andante è sostituito da un tema secondario mentre al posto dello Scherzo si sviluppa un episodio con carattere gioioso e burlesco. Il Poema dell’estasi e la quinta sonata cominciano dove termina la Terza sinfonia, costituendone il coronamento, nella loro forma ancora più ricca, più complessa e raffinata. Fino allora Skrjabin aveva subìto le regole dell’armonia: da questo momento al contrario egli cerca di spezzarle. La struttura armonica della Quinta sonata, ad esempio, è prevalentemente costituita da accordi di 9a e 11a diversamente alterati e che risolvono raramente, già anticipazioni dell’accordo sintetico del Prometeo; la tonalità resta indecisa, mancano alterazioni in chiave e le cadenze tradizionali sono quasi completamente assenti. Nel Poema dell’estasi l’orchestra è molto ricca, la sua trama sonora è densa e serrata, i numerosi temi si intrecciano in un policromo tessuto contrappuntistico.

Nel 1908 Skrjabin fece la conoscenza del direttore d’orchestra ed editore Sergei Kusevickij, con il quale firmò un ricco contratto che pose fine ai problemi economici che da sempre lo perseguitavano, anche a causa del suo dispendioso stile di vita. Dal 1908 al 1911 abitò a Bruxelles, dove il suo legame con la Società teosofica, ebbe una notevole influenza sulla composizione della sua nuova opera Poema del fuoco: Prometeo (Poema ognija: Prometej) op. 60, per pianoforte, coro, orchestra e clavier à lumière, uno strumento muto che avrebbe dovuto associare gli accordi della composizione a determinati colori.

Nel Prometeo, l’orchestra si raffina ulteriormente, il suo colo rito si fa più leggero, trasparente, luminoso, misterioso e arcano; «le sonorità sono cristalline, magici incantesimi, imperiosi o carezzevoli, ne scandiscono lo sviluppo». ’esperienza armonica di Skrjabin culmina qui nell’accordo ‘sintetico’ una sorta di domi nante alterata che sospende tutte le funzioni tonali, dando all’in tero lavoro un carattere quasi orientale.

A partire dal 1911 Skrjabin visse quasi esclusivamente in Russia, entrando nella cerchia dei poeti simbolisti e dedicandosi soprattutto al concepimento di un grandioso Mistero, in cui si proponeva di compiere quella sintesi delle arti già abbozzata nel Prometeo sotto la forma di suoni e luci.

Fra il 1911 ed il 1914 egli compose alcune fondamentali opere pianistiche, fra cui le ultime quattro sonate (7-10), i Tre studi op. 65 (costruiti su continue successioni di quinte, di settime maggiori e di none), ed i Cinque preludi op. 74, che per la loro brevità, la loro concentrazione espressiva e la loro armonia atonale, sono vicinissimi ai contemporanei Sechs Kleine Klavierstücke op. 19 per pianoforte di Schönberg.

Le ultime sonate sembrano pensate per orchestra: ciò che Skrjabin desiderava e cercava era infatti quasi impossibile a realizzarsi sul pianoforte, era una tendenza verso ciò che possiamo chiamare dematerializzazione del suono, reso instabile ed irreale da continui trilli e cascate di arpeggi che ne distruggono sul nascere i ritmi vacillanti.

Al momento della sua morte, avvenuta prematuramente nel 1915 a soli 42 anni, per la puntura di una mosca carbonchiosa ad un labbro, Skrjabin stava attraversando un periodo di attività fecondissima, alla soglia di importanti traguardi artistici.

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