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Aldo Andreani architetto e scultore



La mostra dedicata ad Aldo Andreani (Mantova 1887–Milano 1971) allestita nelle Fruttiere di Palazzo Te fino al 31 gennaio 2016, presenta l’attività dell’architetto e scultore mantovano dai lavori d’esordio nella città natale negli anni Dieci, a quelli milanesi degli anni Venti e Trenta, fino ai progetti degli anni Cinquanta del XX secolo ancora tra Milano e Mantova. Andreani reclama fin dalla giovinezza un ruolo preciso e il suo linguaggio personale è pervaso da un’idea ostinatamente individualista e autoriale dell’architettura che esalta le perizie artigianali delle maestranze, i materiali e le tecniche. Formatosi nei cantieri del padre ingegnere, Andreani studia a Milano e a Roma a contatto con stimoli contraddittori e conoscenze svariatissime che alimentano il suo archivio visivo. Nel 1906 si iscrive al Regio Istituto Tecnico Superiore di Milano, futuro Politecnico, e prima di conseguire il titolo è già impegnato nel cantiere della Villa Zanoletti (1909) a Volta Mantovana, nel quale evidenzia la conoscenza del neomedievalismo di Camillo Boito. Nel 1910 sovrintende alla costruzione del Padiglione Lombardo all’Esposizione Internazionale di Roma del 1911 e il soggiorno romano lo proietta in un contesto culturale vivace ed eterogeneo che lo spinge a guardare all’architettura cinquecentesca e barocca.

Nel 1914 termina il Palazzo della Camera di Commercio di Mantova, il suo progetto più noto, dove le suggestioni medievali e rinascimentali si combinano con sorprendenti influenze orientaliste, perturbate da evidenti rimandi alla secessione viennese e alla scuola catalana.

Con lo scoppio della Grande Guerra le ambizioni di Andreani subiscono una battuta d’arresto. Dopo il conflitto si afferma un clima di ritorno all’ordine dettato dalle avanguardie. Andreani è disinteressato al Futurismo ed è estraneo anche alla declinazione architettonica del movimento Novecento perseguita da Giovanni Muzio. L’ordine cui aspira Andreani è quello della storia, evidente nelle stratificazioni dei rilievi dei Palazzi Comunali (1913-22) di Mantova o nel sorprendente ed eccentrico progetto de La Rocchetta (1920-23) a Bosisio. Nel progetto per il Palazzo dei Sindacati (1924-25) a Mantova, Andreani si appresta ad esprimere il suo ritorno all’ordine rileggendo il repertorio classico della tradizione barocca ed affermando il gigantismo che modella teatralmente la scena urbana.

A metà degli anni Venti Andreani appronta il piano di Sola Busca a Milano, tra la nuova via Mozart, Cicogna e Sola (1925), che sono concepite come dei diaframmi permeabili allo sguardo, con cancellate in ferro battuto. La collocazione all’ingresso dell’edificio di via Serbelloni 10 (1925-27) de L’orecchio del portiere (1926), tradizionalmente attribuito ad Adolfo Wildt oggi definitivamente assegnato ad Andreani, testimonia l’omaggio al maestro di scultura, di cui Aldo è allievo tra il 1926 e il 1927.

Nelle planimetrie degli edifici d’angolo del piano Sola Busca, la figura della farfalla diventa elemento ricorrente fra simbolismi notturni e ordini geometrici naturali.

L’organismo trapezoidale dell’isolato di Palazzo Fidia è modellato come una scultura frammentata in tre edifici indipendenti (qui aveva sede la Società degli Autori), con un grande atrio ovale che permetteva di vedere l’ingresso sul giardino del retrostante Palazzo Serbelloni. Andreani cerca di pervenire a un linguaggio più sintetico, spesso contraddetto da intrattenibili slanci virtuosistici.

La mostra di Palazzo Te mette in evidenza le grandi qualità grafiche dell’architetto: le piante disegnate da Andreani sono il luogo in cui è leggibile un modo di procedere estraneo alla logica razionale dell’occupazione dello spazio che è occupato da complessi elementi costruttivi. Nei progetti per la Casa dirigente dell’Opera Nazionale Balilla (1933) di Milano lo scheletro dell’edificio è percepito come selva di pilastri, senza alcun raccordo orizzontale, quindi come negazione del telaio stesso. Nel 1935 Andreani dà inizio al progetto del Palazzo Toro in piazza San Babila ma un anno più tardi è esautorato dall’incarico, assunto da Merendi e Lancia che lo concluderanno nell’estate del 1938. L’epilogo della vicenda segna la definitiva esclusione di Andreani da un sistema progettuale gestito secondo schemi organizzativi che si dimostrano incompatibili con la sua personalità.

Negli ultimi anni Andreani affronta i lavori di restauro del Palazzo della Ragione (1940-44) e del complesso di San Francesco (1941-45) a Mantova, prima che i bombardamenti aerei del 1944-45 distruggano quasi completamente l’edificio religioso e il monastero annesso. Il cantiere è tuttavia un laboratorio nel quale coltivare la passione per la materia laterizia e lapidea, che accompagna Andreani per tutta la sua attività. A Mantova si compiono i suoi ultimi progetti come la sistemazione monumentale della Valletta di Belfiore (1951-52) mai realizzata.

La mostra evidenzia anche le grandi capacità di Andreani scultore già evidenti anche nelle sue creazioni architettoniche. Nel 1927 l’architetto si iscrive al corso speciale di scultura all’Accademia di Brera tenuto da Adolfo Wildt e negli anni Trenta inizia a produrre sculture in vari materiali dalla ceramica al bronzo.


Daniela Sogliani è responsabile organizzativa Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te

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