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Clara Wieck: compositrice da riscoprire?


Bambina prodigio, pianista dalla notevole facilità tecnica e dal gusto raffinato, compositrice precocissima e piuttosto prolifica, donna tanto carismatica da essere una delle figure femminili chiave di tutto l'Ottocento musicale: questo in genere si dice di Clara Wieck che dal 1840 diventò moglie di Robert Schumann. Ma sarà tutto oro quel che luccica? Sicuramente fu una bambina dalle doti straordinarie: nata nel 1819, da subito fu al centro di un complesso progetto didattico del padre - Friedrich Wieck, famoso e severo insegnante di pianoforte, canto e composizione. Nonostante alcune difficoltà iniziali, trovò il modo per far sviluppare al meglio le doti musicali della piccola Clara che debuttò nel 1827 con un concerto per pianoforte e orchestra di Mozart: il successo fu tale che il padre – intuendo di essere sulla strada giusta – cominciò a organizzare per la figlia delle vere e proprie tournée. Il talento era indiscusso e anche le difficoltà tecniche più che un problema da risolvere, diventavano l'occasione per far sfoggio di una bravura fuori dal comune: per fare un esempio, per imparare le Variazioni op. 2 sul “Là ci darem la mano” scritte dal giovane Chopin, a Schumann - che comunque era un pianista notevole - non bastò un anno intero, mentre a Clara undicenne ci vollero otto giorni. Solo uno era il grande limite della giovane Wieck: non saper improvvisare su un tema – e questo si rifletterà inesorabilmente nelle sue composizioni. Oggi forse non possiamo capire quanto fosse grave la faccenda, ma all'epoca - quando il mestiere del “pianista” stava ancora formandosi - c'era una scaletta ben precisa che dettava le varie fasi di un concerto. Il recital come lo intendiamo oggi lo inventò Liszt ed è risaputo, ma prima il pianista doveva farsi carico di un'organizzazione abbastanza articolata, per far intervenire all'interno della serata anche altri artisti (cantanti, violinisti, etc) con cui esibirsi, proporre possibilmente un concerto con orchestra, dei pezzi brillanti - o ancor meglio delle composizioni proprie - e chiudere il tutto con un'improvvisazione su un tema scelto da altri, spesso anche dal pubblico stesso. Quindi che fosse spinta anche allo studio della composizione era in qualche modo naturale, una fase imprescindibile del percorso di un musicista; ma che la compositrice abbia poi in qualche modo eguagliato la pianista in genio e originalità, è tutto da vedere. Molti musicologi e biografi che si sono prestati a studiare i vari carteggi tra Clara, Robert e amici di famiglia puntano un po' il dito contro un marito maschilista che vuole tarpare le ali ad una moglie che ha il fuoco sacro della composizione, per relegarla al ruolo molto più tradizionale di madre ed esecutrice delle sue musiche. Siamo sicuri che invece il buon Schumann non sia stato particolarmente perspicace e, non vedendo elementi notevoli nelle composizioni della moglie, le abbia semplicemente evitato di perdere del tempo per spingerla a dedicarsi a ciò che sapeva fare davvero? Dalle sue composizioni – in particolar modo in quelle giovanili come i Quattro pezzi caratteristici op. 5 o le Soirées musicales op.6 tutti composti tra il 1834 e il 1836- si possono capire tante cose su Clara pianista, sui suoi pregi, sui suoi limiti e sul mondo musicale che la circonda. Innanzi tutto sono pezzi molto scomodi, evidentemente pensati e scritti appositamente per la conformazione della sua mano e per le sue particolarità: quasi un'ossessione per i ribattuti – che con ogni probabilità dovevano esserle molto congeniali, arpeggi che obbligano l'esecutore a utilizzare diteggiature non convenzionali, ottave e doppie terze: queste per lo più le difficoltà tecniche che si incontrano e che vengono utilizzate copiosamente. Musicalmente la trama compositiva è sempre fitta, ma non raggiunge mai la funzionalità di quella analoga - ma al contempo diversissima - che contraddistingue la scrittura schumanniana: a questa caratteristica specifica deriva una certa difficoltà nel memorizzare questi pezzi che paradossalmente, se analizzati a tavolino, sembrano avere una costruzione molto schematica e semplice. Sembra quasi che Clara sentisse il peso di dover dimostrare la sua validità di compositrice ed esecutrice con momenti virtuosistici fini a se stessi: una volta trovata una cellula tematica valida, la ripete infinite volte con infinite varianti di difficoltà e il discorso musicale fa davvero fatica ad andare avanti. Invece, nei momenti più “cantabili” in cui può esprimere tutta la sua sensibilità, spesso cade in una sorta di manierismo romantico che sembra una caricatura degli altrettanto giovani Chopin, Schumann e Liszt. Probabilmente un po' di competizione c'era, l'essere donna in un panorama così prettamente maschile doveva comportare non poche difficoltà e la giovane età, se da un lato poteva essere un vantaggio a livello pubblicitario, dall'altro segnava un'evidente mancanza di esperienza. Ma Clara credeva fermamente nelle sue capacità e così compose per gran parte della sua vita: senza dubbio il suo esperimento più riuscito fu il Trio per pianoforte, violino e violoncello in sol minore op. 17 dove nessuno degli elementi sopra citati compare. La scrittura pianistica non è né particolarmente difficile né scomoda e l'equilibrio tra i tre strumenti è notevole, per non parlare della scrittura estremamente attenta che non cade mai nel kitsch e si snoda in modo totalmente naturale, senza fatica. Da qui si possono avere due intuizioni: o lo scrivere per pianoforte solo innalzava il livello di stress da prestazione in modo tale da costringerla a farcire i suoi pezzi di soluzioni poco fantasiose ma almeno virtuosistiche, o il suo modo di rapportarsi da sola allo strumento piuttosto che in formazione cambiava radicalmente e se nel primo caso l'importante era avere una vetrina in cui mostrare tutto ciò che si sapeva fare, nel secondo prevaleva l'ensemble. Di sicuro il suo gusto era raffinato, ma non troppo: se si fece divulgatrice della musica di Schumann, spesso si ostinava ad eseguirne le composizioni secondo ciò che le piaceva e non facendosi scrupoli nell'eleminare ciò che riteneva brutto o poco interessante e comprensibile per il pubblico: così abbiamo programmi di concerti in cui propone i Kreisleriana op. 16 in un ordine “personalizzato” - nn. 1, 2, 5, 4, 7 e 8 – senza mai eseguire i nn. 3 e 6 o anche scegliendo di eseguire sempre e solo alcuni brani dal Carnaval op. 9 e mai tutto per intero – e così lo insegnò ai suoi allievi de Conservatorio di Francoforte nell'ultima parte della sua vita. Senza dubbio Clara Wieck fu una personalità fortissima che seppe incantare il mondo musicale tedesco dell'epoca e che è arrivata fino a noi un po' come una leggenda e un po' come un genio da riscoprire: certo è utile cercare di studiare la sua vita e le sue opere, ma alla fine si capisce che questo approfondimento è utile soprattutto per capire che il suo ruolo più importante è stato essere la musa ispiratrice di due giganti come Schumann e Brahms.

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